martedì 26 marzo 2019

Un'altra storia

Le cose non smettono mai di cambiare, non potrebbe essere altrimenti. Eppure speri sempre di poter vivere in quell'eterno oggi in cui ti crogiolavi nella vita perfetta.
Poi una crepa si apre, si ingrandisce, pensi che la riparerai, ma ti inghiotte assieme alle macerie della vita e la luce scompare.
Non so se voglio riaccendere la luce, nel buio puoi vedere quello che non c'è, costruire la tua finzione.
Forse domani.

giovedì 8 febbraio 2018

Due anni dopo

In un pomeriggio d'inverno passato forzatamente sul divano dopo un intervento di ernia inguinale, che mi sta rendendo l'invalida di casa servita e riverita dalla povera Sara (finchè non si stancherà), mi ricordo di avere l'ennesimo blog aperto l'ennesimo giorno X di qualche anno fa .
Sono curiosa di vedere a quando risale l'ultimo post: sta per compiere due anni.
Due anni, tempo di qualche bilancio.
Vediamo un po' di fare un piccolo riassunto, più per avere un mio promemoria che per l'illusione che a qualcuno freghi qualcosa, giustamente direi. Provo a fare un percorso a ritroso.
Un mese fa ho compiuto 38 anni. Non mi sconvolgono i compleanni, fin'ora andare avanti non mi ha entusiasmata ma nemmeno atterrita e questo non ha fatto differenza, perciò argomento chiuso. Meritano una menzione speciale le mille attenzioni di Sara, che è il motivo per cui aspetto con gioia e curiosità che venga il fatidico giorno, perchè sa ricreare  un'atmosfera di "regina per un giorno" com'è quando si è piccoli. Anche quest'anno non si è smentita, ecco cosa mi ha regalato: mattina sveglia prestissimo, appena il tempo di prendere un caffè e vestirci, mi fa salire in macchina e mi ordina di chiudere gli occhi fino a destinazione. Dopo una decina di minuti d'auto parcheggiamo e mi consegna una busta gialla. Al suo interno ci sono due biglietti AV andata e ritorno per Torino e lì capisco: MUSEO EGIZIO! 😃 Un luogo che desideravo visitare da trent'anni! Amore grazie! Devo avertene parlato a sufficienza per farti due palle così e mettere fine a questa tortura😁. Durante il viaggio su un comodissimo Italotreno, ricevo alcuni altri regalini tra cui:una mummia da scavare in un cubetto di gesso e diversi "buoni" da spendere durante la giornata, tra cui una colazione, un pranzetto, una torta di compleanno e altre cose che, amore perdonami, la mia terribile e provata memoria inizia ad offuscare.
Giornata meravigliosa, Torino una città stupenda che torneremo sicuramente a visitare, museo fantastico, una meta imperdibile! Al ritorno a casa, mi aspettava una cenetta preparata da Sara che, si sa, è una vera master chef, anche se vuole tenere questa dote più celata possibile al grande pubblico,  le dico sempre che potremmo viverci😉, ma ancora teme le luci della ribalta😜; per finire poi una Sacher e l'ultimo dei regali Il Silmarillion di Tolkien in una bellissima versione rilegata e con disegni a colori. Che regali pallosi, penserà qualcuno... beh non per me😍! Qualche anno fa avrei festeggiato solo al Cocoricò, adesso No place like home....e meno male direi, o probabilmente adesso avrei qualche difficoltà a coniugare persino il verbo essere.
Due mesi fa mi sono laureata. Avventura finita, soddisfazione personale grandissima, utilità pratica lo vedremo nel prossimo futuro; sicuramente avere già un lavoro fisso mi avvantaggia rispetto a molti ragazzi del mio corso che tenteranno ora di entrare nella jungla tutta italiana del lavoro.
Vorrei provare a fare qualche concorso cui prima non potevo partecipare, non mi faccio illusioni e non ho nemmeno l'ansia di dover vincere, tutto sommato sto bene e la laurea è stata soprattutto la realizzazione di un desiderio personale covato e rimandato per anni. Perciò posso dire che a questo progetto assegno già un bel segno + .
Nove mesi fa  ci lasciava il nostro piccolo angelo: Agata. Il 19 maggio, dopo una notte d'inferno, e due mesi in cui niente lasciava presagire una fine così rapida e in un modo così brutto, la nostra dolce piccina moriva a soli 13 anni appena compiuti.
La scomparsa di Agata ci ha lasciate nella disperazione e nell'incredulità totale, è ancora difficile pensarci e sicuramente l'aiuto più grande ce l'ha dato la nostra Amandina, che coi suoi 15 anni (il prossimo 28 marzo) e i suoi sempre più numerosi acciacchi, è ufficialmente il cane più anziano che abbia mai vissuto nelle nostre famiglie
Amanda e Agata

Io e Agata al pc
Agata, finto angioletto😇

La vicenda di Agata ha ovviamente catalizzato la maggiorparte delle nostre risorse cognitive, affettive, attentive e un sacco di altre ive che adesso non sto qui ad enumerare, ma abbiamo potuto passare dei bellissimi momenti nei mesi successivi pur intervallati da momenti di grande sconforto che, sarà una banalità sentita mille volte, solo chi condivide il cuore con un amico a quattro zampe può capire. E non vado oltre perchè questa non è campagna elettorale e non voglio convincere nessuno, ma solo raccontare la nostra vicenda.
Al mio solito non ho già più costanza di mantenere l'impronta iniziale data a questo resoconto, ma ho voglia di alzarmi da questo divano e fare quattro passi attorno al tavolo della cucina perciò brevemente snocciolerò altre due cose importantissime capitate quest'anno appena trascorso, di cui magari racconterò un'altra volta: io e Sara abbiamo festeggiato 9 anni insieme, senza che nessuna delle due fosse sotto minaccia armata😅 e recentemente ho assistito al mio secondo concerto dei QUEEN (ma Freddie Mercury non era morto? SI😫) ed al mio terzo concerto col Doc Brian May in splendida forma, esperienze MEMORABILI😍.

Buona serata💙💚💛💜💗






giovedì 11 febbraio 2016

In attesa di ...

                                                                                                                                                10.02.2016

Pomeriggio assolato d'inverno, quelli che preferisco, quelli con l'aria che punge e il cielo terso, quelli che durano poco ma che ricordo bene, che assaporo in ogni particolare, che amo nel ghiaccio che avvolge l'erba rimasta all'ombra e scricchiola sotto le scarpe, qui nella campagna dietro casa.

Pomeriggio assolato d'inverno, oggi ti sento alle spalle, che ti volto con rammarico mentre siedo sul divano col pc sulle ginocchia, mentre mi chiedo quali parole gentili useranno oggi per parlare di noi, per decidere dell'esistenza della nostra dignità; mi chiedo se queste parole varranno la preziosità del sole che dà vita, e, se di vita parleranno, mi chiedo se la sviliranno con orrendi paragoni, riempiendo l'aria di oscenità, senza rimorso in quelle coscienze fuligginose di marciume e pochezza, così grate di poter lottare per togliere, anziché dare.

Siedo sul divano in una casa come tante, sento il placido russare delle nostre cagnoline vicino al termosifone e le amo come si ama col cuore, forse le amo come si ama un figlio, non saprei dire visto che figli ancora non ne ho.

E' trascorsa metà di una giornata come tante: sveglia alle 05.45, il fruscio delle lenzuola, un bacio delicato a chi ha ancora un'ora di sogni da spendere, colazione, abbracci e code che battono gioiose sul lettino, turno del mattino, lavoro, colleghi, risate e malumori,di nuovo a casa, fuori coi cani, una corsa lavacoscienza, pranzetto senza pretese, lavatrice, stendere il bucato e accendo il pc su Senato.it.

Attesa.

Mi guardo intorno e cerco segni di anormalità.
Chiamo mamma e papà, ricordo loro che la seduta inizia tra poco.
La guarderà lui, è in pensione, stasera a cena gliela riassumerà.

Mio papà ha sempre amato la politica. Andavamo alle manifestazioni. Avevo 8 anni quando mi raccontava dell'ozono e immaginavo questa nuvola ferita sulla nostra casa.

Ha sempre amato lottare per le ingiustizie. E' il mio eroe. Mi piacerebbe essere un genitore così. Un genitore libero. Un genitore presente. Un genitore che mi ha guidata, senza intromettersi, che mi ha salvata, lasciandomi sbagliare, che mi ha amata, senza obbligarmi a ricambiare.

E lo amo tanto il mio papà. Chissà se voi, che vi riempite la bocca di famiglia e natura, avete avuto la fortuna di essere amati così, e di aver saputo amare a vostra volta.

Oggi, comunque, parlerete di amore giusto e sbagliato, di natura e innatura, di pulito e sporco.

La mia casa è pulita, la mia fedina è pulita, i miei cassetti sono in ordine, la mia vita è ordinaria, amo la persona con cui sto dividendo la vita da 7 anni, se un giorno non la amerò più, non andrò a cercare sesso a pagamento, non nasconderò né reprimerò le mie angosce, la lascerò libera di essere libera, la rispetterò, perché mi hanno cresciuta insegnandomi che nascondere è sbagliato, che mentire è sciocco e inutile, che a testa alta col sole sul viso si cammina meglio e nel buio delle fogne l'aria è malsana.

Non voglio una medaglia, non merita medaglie chi si comporta onestamente, smettiamola di premiare un comportamento assolutamente normale, smettiamola una buona volta di investire di eccezionalità e sorpresa qualcosa che è così facile fare; non stiamo parlando di massimi sistemi, non stiamo parlando di cure che debellano malattie mortali, stiamo parlando di avere una faccia sola, di saper guardare negli occhi le persone senza imbarazzo, senza vergognarsi di essere se stessi, senza sentirsi sbagliati al punto da strisciare all'ombra della vita come serpenti.

Spero ci sia onestà nei cuori di chi si troverà a decidere della vita di così tante persone.

Null'altro.
 
 



martedì 4 agosto 2015

Turno di notte

Eccolo qua, lo sproloquio del turno di notte, quando nel casino silenzioso della mente si accavallano pensieri e stanchezza, ansie e nervosismo, paura e insoddisfazione latente.
Non ci si dovrebbe mai lamentare di questo o di quello, ma solo prendere esempio da chi stoicamente sopporta le peggiori angherie che la Vita sa offrire.
Ma siamo onesti... Con tutta la buona volontà, è difficile non focalizzarsi sulla propria vita, pur sentendoci stronzi e ipocriti, a volte non riesci a vedere davvero niente se non il tuo cerchio e quello che c'é dentro, soprattutto quando di cose da sistemare la società ne impone tante.
Il turno di notte di un lavoro che detesto al 99% , è il momento in cui, tutto si ingrandisce e cambia peso e, il più delle volte, aumenta anziché alleggerire.
Lo stipendio di questi tempi è una benedizione, ma quando, a tre settimane dal suo arrivo, fai due conti e sai di averlo già speso, ti girano veramente le palle. Ma mai abbastanza per mollare tutto e cercare di vivere diversamente altrove. Mi sento veramente una codarda.
Vuol dire che tutto sommato sto bene dove sto? Forse si. Tante cose mi rendono felice, sono sicuramente una privilegiata nella scala della qualita di vita mondiale, ma è cosi deplorevole sognare qualcosa di diverso?
È cosi meschino immaginarmi in un altro impiego, in un ambiente piu disteso, con mansioni piu consone alle mie attitudini e capacita, piu vicino alle mie passioni, o bisogna sempre e solo essere grati di avere un lavoro basta che sia, chinare la testa e stare zitti e godersi la tre stanze che stai abitando, poter pagare le bollette e fare la spesa?
Sono cose importanti, lo so e sono grata di farcela materialmente, quando torno a casa mi sento una regina, quando vedo il mio amore e le nostre cagnoline tocco il cielo con un dito,ma la pressione è tanta e ci sono giorni in cui non mi faccio paura, in cui mi trasformo in qualcuno che vorrei non esistesse.
Anche questo è importante. Se avessi un figlio, lo vorrei prima di tutto sereno.

Chissà se questo mondo è destinato a dimenticare la gioia?!


domenica 21 giugno 2015

Amare. Punto.



Sono nata 35 anni fa in una famiglia composta di 5 persone: padre, madre, io, mio fratello e mia sorella.
In casa non si sono MAI e dico MAI fatti discorsi discriminatori riguardo a minoranze d’ogni sorta, eccezion fatta per quelle dedite a crimini aberranti universalmente riconosciuti.
L’amore per lo stesso sesso non è mai stato nominato, né negativamente né positivamente, come non è mai stato nominato né promosso quello eterosessuale, semplicemente perché non c’era nulla da dire.
Sono figlia di un matrimonio felice, figlia di due genitori che si sono sempre scambiati affetto davanti a noi e lo fanno tutt’oggi che, fortunatamente, vivono il loro 36° anno insieme da sposati (da non sposati ne contano qualcuno in più).
Ho fatto il catechismo e preso tutti i sacramenti, perché negli anni ’80 in Italia era anche abitudine farlo e ricordo distintamente l’unica bambina della mia classe i cui genitori erano di un’altra religione, guardata come un’appestata, perché incomprensibilmente lontana da un qualcosa che si DOVEVA fare.
 Capisco la scelta dei miei genitori di anteporre la mia infantile felicità nel poter seguire le tappe “normali” delle mie amichette, lasciandomi percorrere quel sentiero battuto da generazioni di pseudo cattolici e sedicenti cristiani. 
Capisco la loro reticenza e il loro dubbio su cosa sarebbe stato più giusto per me, per non farmi sentire troppo sola.
 Non li giudico male per aver scelto così.
  Non c’è il manuale del perfetto genitore, nessuno sa come andrà, e trovo lodevole il tentativo fatto sperando che sia il meglio.
Del catechismo ho bei ricordi ma anche brutti, i brutti per fortuna non riguardano le spesso menzionate violenze fisiche, ma atteggiamenti discriminatori verso tutto quel diverso che, seppur parte integrante dell’unità che eravamo portati a imparare, veniva allontanato come MALE senza tante spiegazioni. 
Così bene , così male. 
La diversità era un male, non era un colore in più che dava varietà al cosiddetto BENE. Non c’era cromìa oltre al bianco e al nero. Un arcobaleno tristissimo.
E poi quei passi, sempre quelli, letti e riletti e io che mi chiedevo possibile che in fin dei conti la Bibbia sia costata così tanta fatica per raccontare così pochi episodi e soprattutto così inverosimili. Inverosimili non tanto per la grandiosità degli eventi, ma per la discordanza tra essi e la pratica che al catechismo ci veniva inculcata, ama chi ti dico io in questo modo e gli altri in un altro modo. Eppure sono quasi certa di ricordare che Gesù dicesse AMA. Punto.
In casa mia, si è sempre amato. Punto. Meno male! Ripunto!
Questo continuo bene/male della società mi destabilizzò così tanto che, quando fu il momento di parlare a me stessa e chiarire chi e cosa mi piacesse, fui presa da una disperazione tale, da un volermi conformare a tutti i costi a questi canoni che per poco non persi il senno. Per fortuna riuscii a fidarmi della mia FAMIGLIA e del loro amore incondizionato per me e per tutto quello che portavo nel cuore.
Per fortuna ho avuto questa famiglia, la quale vorrei contribuire a continuare, per un semplice e sano e normalissimo desiderio umano di procreazione e senso di accudire e amare la prole, quel senso che snaturializziamo tentando di spiegarlo in mille parole, che gli animali risolvono con uno sguardo languido e una leccatina.
Perché volete dei figli? Perché siete marito e moglie? No, perché sentite di VOLERE creare una famiglia, perché avete una naturale propensione alla procreazione e alla cura dei vostri piccoli, perché perché perché siamo esseri umani e sappiamo amare e capire e se non continueremo a capire, fomenteremo solo odio e disprezzo e sentimenti negativi e ci autodistruggeremo.
Amare  non è male. 
Amare un’altra persona consenziente che ti ama a sua volta, è uguale per tutti.
E’ guardarla la mattina appena sveglia e fare piano per non rubarle gli ultimi dieci minuti prima della sveglia, preparare il caffè e tornare a chiamarla con un bacino, è sperare che abbia una buona giornata al lavoro, pensare già a cosa fare per cena, scoprire che danno quel film che volevate vedere proprio nel cinema che vi piace, non vedere l’ora di rivederla per stare insieme la sera sul divano, emozionarsi ogni volta che vedete un cuore disegnato su un muro, sorridere da soli per niente, e invece è tutto.
Ci amiamo tutti così, siamo esseri umani. 
Cosa c’è che non va? 
Cosa c’è di sbagliato se insegno a mio figlio a rispettare tutti e a vivere come si sente, nel rispetto della vita altrui?
Il rispetto della vita vuol dire rispettare il vivere e non agognare il morire, rispettare chi rispetta la vita e non tifare per chi rispetta solo la morte e la violenza.
Questo vorrei per i miei figli.
 Questo spero per tutti i figli, in qualsiasi famiglia essi nascano e crescano.
Che si insegni loro la filosofia dell’amore, quell’amore puro che qualcuno cercò di insegnare e che troppo spesso viene strumentalizzato e rinchiuso a piacimento in questo o quel disegno.

Se non impareremo ad amarci, saremo destinati al fallimento.


martedì 3 febbraio 2015

Conoscere la Storia, non fa ridere

Questa mattina del 3 Febbraio 2015, si è svolta la commemorazione dei quattro giovani partigiani uccisi per rappresaglia all’angolo tra via Porta Brennone e corso G. Garibaldi, qui a Reggio Emilia, una fredda mattina di 70 anni fa.
E’ una pagina di storia poco conosciuta, come tante altre che non balzano al clamore delle cronache per vari motivi, spesso legati al numero delle vittime, in questo caso “soltanto” quattro.
E’ una pagina di storia poco conosciuta anche perché a troppa gente la storia altrui interessa ben poco, lo raccontano le cronache, lo vediamo giorno dopo giorno, ne siamo noi stessi attori e vittime.
Questa mattina, come ogni anno, il Comune di Reggio Emilia ha organizzato una commemorazione che ha raccolto attorno a sé un esiguo, ma interessato, gruppo di partecipanti e che è terminata con la deposizione di una corona sulla lapide commemorativa ivi presente.
 Lapide che, sono certa, pochi cittadini abbiano mai scorso al di sopra dei loro nasi, poiché collocata a diversi metri da terra.  
Quei quattro ragazzi, il più grande dei quali aveva 28 anni, subirono torture lunghe, atroci, infernali, lontane anni luce dall’odierna concezione di “punizione”, ormai e per fortuna relegata all’ambito delle marachelle infantili.
Stamani, un gruppo di giovani uomini, un po’ più grandi dei quattro partigiani uccisi, ha assistito allo “spettacolo” consumando caffè e sigarette nel bar di fronte, nella sacrosanta pausa lavoro ed ha avuto, come ogni altra persona presente in quel momento, l’opportunità di ascoltare il racconto della tragica vicenda, narrata con giusta dovizia di particolari, la cui lettura è stata messa in risalto dall’utilizzo di microfono ed altoparlante.
Al termine dell’atroce racconto, giunti al momento della deposizione della corona sulla lapide, uno di questi giovani uomini d’oggi, con sorriso beffardo, si è lasciato sfuggire una frase eloquente, un “pure una corona!” con tanto di scossa del capo.
Avrei voluto domandare a questo uomo, a questo ragazzo, perché oggi si dice ragazzi anche a chi ha già passato i 40, quale parte di tutta la cerimonia l’avesse rallegrato al punto da pronunciare, evidentemente divertito e al contempo contrariato, questa frase a voce alta e col sorriso; cosa avesse capito di tutta la faccenda; con chi se la fosse presa; col solito dannato Comune che SPRECA i NOSTRI SOLDI con una stupida e vuota corona commemorativa?
 Non capita di rado di vedere e udire frasi o atteggiamenti di scherno gratuiti, quando si incontrano uniformi, fasce tricolori e, in genere, simboli governativi.
Stamani erano presenti quattro Gonfaloni, relativi uomini della Polizia Municipale e Provinciale intenti a reggere gli stessi e qualche rappresentante dell’Ente, con fascia tricolore indosso. 
Forse questo gruppo di “simboli del potere” ha disturbato la pausa lavoro di questo signore infastidendolo al punto da schernire il gesto finale?
Siamo troppo istruiti oggi, da abili pennivendoli di regime, ad odiare le istituzioni tutte, a non interessarci, a scagliare la pietra in quel mucchio in cui tutti sono colpevoli e meritevoli del nostro sdegno. Riempiamo pagine e pagine di social network di offese e ingiurie, di malcontento e maledizioni, e ci sentiamo, così, legittimamente partecipi della Cosa pubblica.
Beh, non è proprio così che si partecipa. 
A mio modesto parere. 
Se vittime siamo, lo siamo prima di tutto della nostra noncuranza verso quelle istituzioni che lasciamo libere di agire, di fare e disfare.
Quando incontriamo una qualsiasi divisa, fosse anche quella della banda del paese, ecco che ci sentiamo finalmente in diritto di vomitare tutto il nostro sdegno, tutte le nostre frustrazioni, tutto quello che ci angustia e che speriamo sia la madre Patria a sanare.
Questo si è evinto dall’infelice commento del giovane uomo di stamani. Un commento tristemente fuori luogo, un commento figlio di ignoranza e pressapochismo.
Caro signore, proprio stamani, il nostro Comune stava facendo una cosa giusta. Stava ricordando quattro ragazzini morti per tutti noi. Morti sperando che crescessimo e vivessimo diversamente da loro.
Avrei voluto spiegargli che anche grazie al sacrificio di questi ragazzi, che non hanno neanche lontanamente raggiunto la sua età, ogni giorno persone come me e come lui, possono permettersi la libertà di uscire di casa sorridenti, di camminare per le strade a testa alta, di godersi una pausa caffè, di fare tutte le cose che facciamo quotidianamente e che diamo per scontate, fosse anche un lavoro poco soddisfacente e faticoso. Sicuramente non è un lavoro forzato eseguito con la punta del fucile puntata alla schiena.
Se stai leggendo, gentile ragazzo che ti sei sentito probabilmente derubato dei TUOI SOLDI, sappi che questa corona sono felice d’averla pagata anche coi MIEI, perché se oggi ho l’opportunità di vivere come vivo, e ti garantisco che non sto scrivendo da Beverly Hills, lo devo anche a questi ragazzini che si sono immolati e questi soldi spesi per una corona, sono una briciola se paragonati al loro e a tutti gli altri sacrifici che ci hanno portato alla liberazione dalla guerra.

Spero che il Comune di Reggio Emilia continui a ricordarci il sacrificio di questi concittadini oggi e per altri decenni a venire.


giovedì 18 dicembre 2014

Lei disse sì ... e io pensai ERA ORA!

Cinema Rosebud Reggio Emilia, una delle poche sale cinematografiche italiane rimaste PUBBLICHE, una delle pochissime sale reggiane degne di nota, dove non senti scartocciare sacchetti di patatine, dove uscendo non inciampi in cumuli di bottigliette di plastica vuote, dove cinepanettoni e altre pessime italianate sono banditi, a favore di film di qualità, a favore della promozione del pensiero, a favore della cara vecchia cultura e della messa in moto di processi cognitivi che vadano al di là del saper comparare volantini pubblicitari, per accaparrarsi il miglior smartphone al minor prezzo.

Mercoledì 17 dicembre 2014, Arcigay Gioconda in collaborazione col Comune di Reggio Emilia , promotore da anni di se stesso con lo slogan "città delle persone" (anche se in questi miei primi 34 anni non ho ancora ben capito di quali persone parli), portano sullo schermo del cinema Rosebud Lei disse sì , simpatico e innovativo docu-film ideato da due ragazze innamorate che decidono di sposarsi. Tra di loro.

Dove sta l'innovazione?
 Nel matrimonio omosessuale, sarà il pensiero di molti.
No. Affatto.
 Di unioni omosessuali, più o meno ufficiali ne siamo consapevoli un po' tutti; l'innovazione, per questo arretrato Paese, sta nel fatto di MOSTRARE, ESPORRE al pubblico, ai propri vicini di casa, alle persone che da anni incontriamo ogni giorno per strada e salutiamo, con cui scambiamo chiacchiere, a cui chiediamo due uova per una torta o la farina per la pizza, a cui magari teniamo pure il bambino per due ore, che le persone sono UGUALI, che l'amore tra persone è sano sempre, che non nasconde retroscena torbidi, che la pazza vita gay si consuma spesso su un divano il sabato sera a guardare film e mangiare pizza, che a Natale l'albero ha le stesse decorazioni degli altri e a Pasqua si mangia la colomba, che la domenica se c'è bel tempo si fa una gita fuori porta e che sotto le coperte, quando fa freddo, ci si scalda i piedi un* con l'altr* e ci si racconta la propria giornata, che la mattina ci piace l'odore del caffè in giro per casa e che la voglia di diventare genitori non è una malsana voglia di sfida verso il mondo, ma il naturale desiderio di tanti esseri umani adulti di voler crescere dei figli, di aiutarli coi compiti, di consolarli durante le prime sconfitte della vita, di avere una famiglia da poter chiamare tale.

Perchè deve esserci a tutti i costi un fine malsano dietro questi desideri?

Ingrid e Lorenza raccontano la loro normalissima storia, questo è l'attivismo quotidiano che credo sia più efficace di qualsiasi altro: uscire dal ghetto, mostrare che la vita è la stessa per tutti, che non si vuole calpestare nessuno, ma si vuole camminare tutti insieme, fianco a fianco, per contribuire a creare una società sana, promotrice di diritti uguali per tutti, che l'amore omosessuale non nasconde bestialità, non è diseducativo, non è il demonio e non è una malattia.

Lo scopo di questo docu-film è quello di ridimensionare tutto, di spostare i riflettori puntati ormai da troppo tempo sull'obiettivo sbagliato. L'omosessualità non è un freak show, non è qualcosa per cui girarsi per strada a spiare mani strette le une nelle altre fin dove lo sguardo si perde, non è qualcosa da sussurrare con vergogna e scherno nelle orecchie altrui, è una condizione come un'altra, è naturale, è biologica non è fanatismo, non si contrappone a niente.

Smettiamo di parlarne e viviamola semplicemente. Aiutiamo la gente a capire che siamo tutti sulla stessa barca nello stesso mare.


Grazie ragazze!